Stefano Schirru, figlio d’arte alla corte di Fabrizio Staico
Il capo allenatore alla Iannas Virtus Cagliari è Fabrizio Staico, ma con lui nel suo staff quest’anno, con la prima squadra c’è anche la giovane figura di Stefano Schirru. E’ lui l’assistente del capo allenatore..il punto di riferimento tra il tecnico e le ragazze che lavorano e si impegnano tutti i giorni per puntare a centrare la promozione in serie A2.
Un obbiettivo promozione che vede coinvolto anche Stefano Schirru che il tecnico Fabrizio Staico ha voluto con se in panchina…
“Quando Fabrizio mi ha chiesto di far parte della prima squadra, ho provato un mix di emozioni: dall’entusiasmo di far parte di una realtà simile, alla paura di fare il passo più lungo della gamba. In questi anni di pallacanestro giovanile, ho ricoperto il ruolo di assistente per la maggior parte delle mie esperienze, solo l’anno scorso (molto particolare) ho avuto il primo incarico da primo allenatore dell’U13; perciò ritrovarmi a fare il vice di giocatrici con tanta esperienza, inizialmente mi metteva un po’ di ansia, ma Fabrizio pian piano mi sta inserendo sempre più nelle dinamiche dell’allenamento, e loro stesse mi danno una grande mano mettendosi a disposizione”.
Una grande soddisfazione per un allenatore giovane come te. Classe?
“Classe 1999. È una grandissima soddisfazione far parte di questo progetto. Alla mia età mi ritengo molto fortunato ad aver avuto un occasione del genere. Spero sia il punto di partenza per una lunga carriera”.
Giocatore e allenatore come fai a conciliare le due cose?
“Da quando ho iniziato ad allenare, la mia umile carriera da giocatore, l’ho dovuta un minimo mettere da parte per capire di cosa avessi realmente bisogno. E ora come ora non riesco a fare a meno di entrambe le attività. Faccio parte di una squadra che ha degli orari che si incastrano perfettamente con studio, lavoro e la pallacanestro allenata”.
Che ruolo, e in che squadra?
“Gioco in promozione, playmaker nel Basket Poetto… domenica scorsa dopo due anni di astinenza sono finalmente tornato sul campo, con una vittoria e… un’espulsione”.😅
Figlio d’arte, Nello Schirru allenatore benemerito Fip, ha scritto la storia della pallacanestro femminile in Sardegna. Che cosa hai preso da lui?
“Per ora la voglia di stare sul campo. Per quanto riguarda tutto il resto, ci vorrebbero anni per apprendere tutto ciò che ha fatto. Fin da bambino, ho avuto la fortuna di fare tante esperienze grazie a lui. Mi ha dato la possibilità di partecipare in prima linea a 4 interzona e 2 finali nazionali, per non parlare dei clinic, e ovviamente ai suoi allenamenti di cui spesso mi rendeva partecipe. E ora che condividiamo lo stesso ruolo, avere in casa tanta esperienza con cui potersi confrontare, è un privilegio che mi invidiano in tanti”.
Ti ha mai criticato per le tue scelte in panchina?
“Non la considero tanto una critica, quanto degli appunti su cui lavorare. Specialmente lo scorso anno, quando ho preso le redini di una squadra, ha assistito a parecchi allenamenti, e mi consigliava come far rendere al meglio le giocatrici, più che dal punto di vista tecnico, dalla gestione dell’allenamento”.
Da anni tecnico alla Virtus. Quest’anno alleni…?
“Ho insistito con Fabrizio per poter continuare a seguire le U14 (U13 dello scorso anno), e far si che le ragazze potessero seguire un percorso, trovando continuità. Lo considero un gruppo interessante, fatto di ragazze super che hanno tanta voglia di apprendere. Sono state la mia prima esperienza da capo allenatore, e come dico sempre, hanno insegnato più loro a me, che io a loro, e per questo gliene sarò sempre grato”.
Quale livello hai acquisito?
“Ho avuto la fortuna che il mio formatore al primo e al secondo anno di corso, fosse lo stesso allenatore con cui lavoro tutti i giorni, Fabrizio. Sia lo scorso anno con le U16, che quest’anno con la Serie B, mi da modo di intervenire su fasi di allenamento, per poi dirmi su cosa devo migliorare. Mi alleno pure io così…
A settembre ho acquisito il livello di “Allenatore di Base”.
Perché il femminile? Hai mai pensato di poter guidare una formazione maschile?
“L’influenza di mio padre è stata senza dubbio fondamentale. Anche se in realtà a spingermi più di tutti è stato Jean Patrick Sorrentino, che a suo tempo, quando avevo 15 anni ed eravamo allo Spirito Sportivo, mi disse che vedeva qualcosa di speciale in me. Ma al tempo mi consideravo piccolo per approcciarmi a questo mondo, e preferivo giocare. Una volta ritrovati alla Virtus, io come figlio di Nello, e lui come coach del gruppo 2004, mi spinse finalmente ad accettare, e da li non ho più smesso. Eccetto un gruppetto minibasket all’esperia, non ho mai avuto modo di lavorare con dei ragazzi, e chissà, mai dire mai…”.
Che differenze ci sono?
“Ho notato che la differenza più grande sta tutta nella passione. I maschi se ne fregano di tutto quello che può accadere, l’importante è che ci si alleni e che si giochi. Le ragazze, superata una certa età, se non hanno raggiunto degli obiettivi, tendono a lasciarsi andare un pochino. Tecnicamente le ragazze sono più precise, recepiscono meglio i concetti che gli esponi, fanno più domande, e sono pronte a voler scoprire quello che proponi. Mentre i ragazzi sono più “indisciplinati”, poiché guardano più televisione cercando di emulare i loro campioni NBA”.
Il segreto per essere un buon allenatore?
“La cosa più importante, ancor prima di parlare di tecnica e tattica, è l’essere uomini. Non trasformarsi in un’altra persona per fare comodo a qualcuno, o per piacere di qualcuno. Bisogna essere se stessi, limpidi e reali nei confronti dell’atleta che si ha di fronte. Saper utilizzare bastone e carota, farsi voler bene, e allo stesso tempo farsi rispettare, insegnando loro la pallacanestro. Credo sia il giusto equilibrio per poter crescere un ragazzo, ancor prima dell’atleta”.
Che rapporto hai con le atlete?
“Ho imparato a distinguere i diversi tipi di rapporto da assistente e da capo allenatore. Da assistente, mi comporto un po’ più come fratello maggiore, lasciando alle ragazze la possibilità di potersi sfogare sia su quello che succede in campo, che fuori, dando loro una sicurezza a cui rivolgersi quando le cose non vanno bene… perché diciamolo, alle volte vorrebbero mangiarselo l’allenatore, e il ruolo dell’assistente funge da parafulmine nei suoi confronti, dando supporto alle atlete, e limitando i problemi di carattere emotivo all’allenatore. Da primo allenatore invece, mi vedo un po’ più come papà. Essendo leggermente schivo nei loro confronti, ma interessandomi sempre di quello che stanno provando. Chiedo sempre com’è andata la giornata, che hanno fatto e come stanno andando a scuola, ma limitandomi a questo tipo di argomentazioni senza entrare troppo nel personale”.
Essere assistant coach con la prima squadra cosa comporta?
“Grandi responsabilità. Come dicevo prima, rapportarmi con giocatrici di esperienza non è semplice, soprattutto se come me, si è timidi, perché non si sa mai come possano reagire nel vedere uno così giovane darle delle indicazioni. Invece mi hanno reso il compito più semplice, anche in situazioni in cui dovevo sostituire Fabrizio, sono state di grande supporto nel rendersi disponibili”.
Che squadra è quella di quest’anno?
“È un bel mix di giocatrici d’esperienza, che fanno da chioccia alle ragazze del settore giovanile, un po’ come sulla panchina tra me e Fabrizio… È senza dubbio costruita per ambire a qualcosa di importante”.
Cinque vittore in altrettante gare. Sabato siete attesi dal big match contro la Mercede Alghero. Come affronterete questa sfida e soprattutto chi temi tra le catalane?
“La affronteremo con la consapevolezza di essere una squadra forte. Tutti dicono che siamo la squadra da battere, ma la Mercede ha tutto il nostro rispetto, anche perché la loro classifica parla da se. È composta da giocatrici importanti, che ormai lavorano assieme da anni… come sempre, sarà il campo a parlare. Non sono io a scoprire che Mitreva, Kaleva e Kozhobashiovska siano le loro giocatrici di spicco, e con l’esperienza che stanno vivendo fuori da Alghero stanno acquisendo sempre più spessore. Sarà una signora partita!”.
Un gruppo in crescita giornata dopo giornata…qual è il segreto di questo gruppo?
“Dire che il segreto più grande sia la coesione è troppo scontato? Mi piacerebbe vedere un po’ più sciolte le under, ma il rapporto che stanno instaurando con le più esperte è piacevole. Si respira più serenità rispetto all’inizio della stagione, quando tutti eravamo più contratti. Ora fa piacere vedere le giovani che si avvicinano alle grandi per qualche delucidazione, e mi è piaciuto come hanno accolto Carla, rendendole meno pesante l’ambientamento”.
Dove può arrivare?
“È inutile nascondersi dietro un dito. Dobbiamo tornare dove la Virtus è sempre stata abituata a stare”.
Giocatore e allenatore preferito?
“Il mio giocatore preferito è Kobe. Uso il presente apposta, gli eroi non muoiono mai. Mentalità, dedizione, ossessione, emulazione, capacità tecniche per il gioco uniche. Il fatto che siamo nati lo stesso giorno e che per metà fosse italiano, credo abbia influenzato la scelta. Ma quello che ha fatto sul campo va oltre tutto.Il mio allenatore preferito? Ovviamente mio papà”.