ILARIA D’ANNA, IL PALLONE PER TORNARE A SORRIDERE
Reggio Calabria è una città fortemente legata al basket. Tutti hanno ancora ben impresse, negli occhi e nel cuore, le immagini del passato glorioso della mitica Pallacanestro Viola, società che oggi prova a tornare grande ripartendo dalla Serie B. In città c’è però un’altra realtà della pallacanestro che merita un occhio di riguardo, visto che milita addirittura nella massima serie. Stiamo parlando della Farmacia Pellicanò Reggio Calabria Basket in Carrozzina, società della palla a spicchi in weelchair che dà lustro alla città nel campionato di Serie A Fipic.
Una squadra di ragazzi che hanno affrontato gli ostacoli dovuti alla propria disabilità, trovando nel basket in carrozzina un valido strumento per esprimere il proprio talento e superare gli ostacoli di tutti i giorni. Ne è l’esempio perfetto la storia del capitano Ilaria D’Anna, raccontata in un’intervista rilasciata a Carlo Vetere. Ilaria, ex giocatrice di basket ritrovatasi ad avere difficoltà a camminare e correre, fino a non potersi alzare dal letto. La colpa è della spondilite anchilosante, malattia infiammatoria cronica sistemica che colpisce lo scheletro assiale (colonna cervicale, dorsale, lombare e articolazioni sacro-iliache), ma anche le articolazioni periferiche (per esempio l’anca e la spalla). Tale patologia l’ha costretta per 3 mesi in ospedale, salvo poi iniziare un lungo percorso di cure farmocologiche complicato dalla sua intolleranza a molti farmaci.
Un momento buio e complicato, fatto di lacrime e incertezza. Il basket in carrozzina la luce e lo strumento per riappropriarsi della propria vita. La famiglia inizialmente è stata molto diffidente, in quanto Ilaria non aveva bisogno della carrozzina nonostante le sue difficoltà motorie, ma il suo amore per il basket (e il sostegno di papà) è stato più forte. Dopo 3 mesi in carrozzina è arrivata la chiamata della nazionale italiana agli Europei, oggi gioca la Serie A con la Farmacia Pellicanò Reggio Calabria Basket in Carrozzina. Ilaria è tornata a percepire l’adernalina che solo lo sport sa regalare, diventando un esempio in grado di istruire, sensibilizzare e anche aiutare tanti ragazzi che, nonostante la disabilità, non vogliono rinunciare allo sport e alla vita