Cremona si candida a laboratorio per giocatori italiani
La Vanoli vuole provare a smuovere le acque stagnanti del basket italiano. Il suo responsabile dell’area tecnica Gianmaria Vacirca ha tirato fuori dal cilindro in questi giorni una di quelle idee che davvero possono dare nuovo slancio alla pallacanestro tricolore. Una sorta di Club Italia, non organizzato dalla federazione ma direttamente sostenuto dalla società cremonese che così proverebbe a darsi una specificità unica sui parquet italiani provando ad essere fonte di rinnovamento.
«E’ dalla fine della stagione scorsa che ne parlo con Sacchetti. Chi se non un club solido come il nostro, con valori profondi, con il coach della Nazionale in panchina, può provare a fare una scelta di sistema di questo tipo? Puntare sull’empatia come forza per costruire la squadra, un vero fuoco per elevare al massimo il concetto di condivisione. E’ un’idea per dare un’ulteriore caratterizzazione alla nostra Vanoli family. Io comunque non penso che sia un’idea così strana, magari è semplicemente quella più realistica per andare avanti«.
Dunque c’è qualcosa di più di un’idea nata nell’emergenza da Coronavirus?
«In realtà si, già nell’anno appena concluso avevamo cercato di aumentare il numero di giocatori italiani, ma purtroppo un paio di incastri non sono andati a buon fine. Però già con Ruzzier e Akele da titolari e i lori cambi Sanguinetti (oltre a Diener) e De Vico avevamo dimostrato di voler impostare questo lavoro in un paio di ruoli. Ora si tratterebbe di proseguire su questa strada, magari in altri due ruoli nel quintetto«.
Ma quale sarebbe la tipologia di giocatori che vorreste coinvolgere nel progetto?
«Purtroppo giocatori italiani non ce ne sono tanti, un possibile nucleo di giocatori interessanti sarebbe quello che ha composto la Nazionale nelle recenti gare di febbraio. Crediamo che possa essere una leva importante far parte di una squadra di questo tipo, unita dalla voglia di giocare e dalla voglia di essere allenati dal coach della Nazionale. Un’esperienza diversa, una scelta, per prepararsi al futuro«.
Il futuro, quale sarà quello del basket nostrano?
«Penso che in questo momento l’orizzonte del nostro basket debba essere il 2022, sarà la stagione della vera ripartenza e si concluderà con l’orgoglio di ospitare una parte degli Europei in casa. Un anno fondamentale per il nostro gioco ed è per questo che spero che le esigenze dei campionati e quelle della federazione possano collimare per preparare al meglio i nostri giocatori a quell’evento. Magari questa potrebbe davvero essere la migliore strada per tutti«.
Il grande dubbio sembra essere quello economico, è un progetto sostenibile?
«Vale per tutti i mestieri, noi dobbiamo essere pronti a un adeguamento a un tempo nuovo . Ci sarà un adeguamento dei salari, vedremo per quanto, lo scopriremo. Intanto vogliamo armarci di una forza di un’idea chiara, noi nei prossimi anni vogliamo dare una connotazione più italiana«.
La partecipazione alle coppe potrebbe diventare parte del progetto?
«Nei due anni in cui Cremona ha rinunciato alle coppe, dopo sono sempre nate stagioni un po’ complicate, credo che ci sia la necessità di presentarsi e ripartire con qualcosa di nuovo. Una proposta che possa coinvolgere tutto il territorio della provincia, dopo anni c’è bisogno di avere un nuovo racconto, con un approccio più internazionale. Lo sport può essere volano di futuro per una ripartenza di un territorio così colpito, la Champions League ha dei costi sostenibili«.
Porte chiuse o porte aperte?
«E’ tutto in divenire, è chiaro che giocare senza pubblico non piace a nessuno e non sappiamo davvero se e come si potrà fare, per questo parlo sempre di arco biennale. Se ci sarà bisogno di partire a gennaio, partiremo a gennaio, magari cambiando le formule per un anno. Poi dobbiamo aspettare anche le indicazioni per le coppe e per la Nazionale in campo che, nel nostro progetto, diventerebbe importante. Magari una ripartenza a fine novembre dopo i match della Nazionale potrebbe essere fattibile«.
E sul format del campionato che idea si è fatto?
«I numeri contano poco, nel momento in cui ci sono regole di ingaggio, ci sono controlli efficaci, chi se lo può permettere gioca, gli altri fanno la serie successiva che non è un disonore, ma solo il quadro di quello che uno si può permettere di fare in quel momento. Ognuno si dovrà ricalibrare per un tempo nuovo, anche il mondo del basket, collettivamente e come singoli club«.